Da venerdì 24 a domenica 26 giugno 2022 una sessantina di appassionati camminatori delle sezioni del CAI del VCO, sotto l’attenta guida dell’organizzatore Tiziano Cavestri e la presenza del Presidente della sezione di Omegna Tiziano Buzio, si sono recati in Val di Fassa per scoprirne le bellezze, frequentando sentieri che si snodano intorno ai massicci del Latemar e del Catinaccio, circondati da paesaggi mozzafiato.
L’avventura è cominciata in pullman, quando Tiziano Cavestri, in modo accattivante e molto documentato, ha cominciato ad illustrare le particolarità della regione, segnalando ciò che di interessante si incontra entrando in Trentino, per proseguire verso l’Alto Adige: la campana di Rovereto, costruita fondendo i cannoni della prima guerra mondiale, che ogni giorno batte 100 colpi per ricordare i morti di tutte le guerre, propiziare la fine delle ostilità ed invocare la pace; il Mausoleo dell’eroe dell’irredentismo trentino Cesare Battisti impiccato con Fabio Filzi nel Castello del Buon Consiglio di Trento; la figura del grande alpinista, poeta e irredentista Tita Piaz soprannominato <diavolo delle Dolomiti> per le ardite imprese di conquista delle cime delle sue amate montagne.
Prima di raggiungere Vigo di Fassa, luogo dei pernottamenti, il gruppo ha fatto sosta nella città di Bolzano sia per la sosta pranzo sia perché nel pomeriggio è stata organizzata una visita guidata della città.
La temperatura canicolare, nel biancore abbacinante di piazza Walther, cuore della città, avrebbe potuto pesare molto sugli ormai stanchi viaggiatori, ma l’incontro con la guida, prof.ssa Freiderike W., ex insegnate di tedesco presso l’istituto per geometri della città, ha fatto dimenticare il disagio della calura con il suo modo affabile e coinvolgente di raccontare la città.
La professoressa ha ricordato che Bolzano era una città dipendente dal vescovo di Trento, nella quale avvenivano i commerci, per questo motivo le case del centro storico sono dotate di scantinati che vanno per due piani sotto il livello stradale. In questi scantinati, ancora perfettamente funzionanti, venivano stivate merci di ogni tipo, in attesa dei periodi delle fiere che duravano quindici giorni e durante le quali venivano eletti tre “commissari”, di cui, in alternanza, se uno era tedesco gli altri due erano italiani e viceversa; questi “commissari” avevano la funzione di controllo dell’andamento della fiera e di derimere le liti che insorgevano durante i commerci e le contrattazioni, per questo è stato edificato un edificio apposito, oggi sede di un museo.
La nostra guida ci ha illustrato, in modo affascinante, le caratteristiche del centro storico, con le sue case addossate e dotate di portici, nei quali i mercanti potevano esporre le merci anche durante il brutto tempo, e, visto che le costruzioni non erano divise da strade che permettessero facili spostamenti, all’interno delle proprietà affiancate sono stati realizzati particolari passaggi che permettono ai pedoni di passare dalla via dei Portici (Lauben) alla parallela via Dr. Streiter-Gasse; queste specie di “servitù di passaggio” sono perfettamente conservate e assolvono ancora oggi la loro fondamentale funzione.
Logicamente non poteva mancare la visita a Santa Maria Assunta, la cattedrale cittadina che fiancheggia un lato di piazza Walther. Si tratta di una costruzione che ha avuto origine con la chiesa paleocristiana del IV secolo, diventando via via chiesa altomedievale nell’IV secolo, quindi chiesa medievale nei secoli XI e XII finendo per assumere l’attuale aspetto risalente al periodo tardogotico dei secoli XV e XVI.
Infine la professoressa ci ha raccontato come le ricche famiglie bolzanine suddividevano il patrimonio: agli eredi maschi venivano lasciati i beni in città, ovvero l’attività commerciale con caseggiati e magazzini; mentre alle femmine erano destinate in eredità le ville e i possedimenti che si trovavano sull’altopiano del Renon che sovrasta la città e che è sempre stato il luogo nel quale le famiglie si trasferivano durante il periodo estivo.
Lasciata la città di Bolzano abbiamo raggiunto Vigo di Fassa da cui siamo partiti per le escursioni di sabato 25 e domenica 26.
Nell’organizzare queste periodiche giornate di trekking nelle Dolomiti, tutti gli anni Tiziano è sempre proteso a pensare percorsi che siano soddisfacenti per coloro che hanno voglia di percorsi impegnativi e per coloro che invece desiderano percorsi più rilassanti, facendo sì che ciascuno torni a casa soddisfatto e gratificato dall’esperienza.
Quest’anno i percorsi si sono sviluppati intorno a due dei massicci più suggestivi delle Dolomiti trentine, il Latemar e il Catinaccio (Rosengarden). Sabato siamo saliti da Predazzo, con cabinovia e seggiovia, al passo Feudo che si trova a quota 2200, già all’arrivo della seggiovia si è incantati dallo spettacolo delle vette che sovrastano la conca prativa ricoperta di fiori e solcata da sentieri. Qui il gruppo si è diviso: 48 ardimentosi hanno seguito Tiziano per fare un percorso ad anello più impegnativo, toccando la Bocchetta dei Camosci per giungere al rifugio Torre di Pisa a 2671 mt di quota.
Il restante gruppo di 12 escursionisti è stato guidato dalla guida naturalistica di Vigo Nicolò che lo ha condotto su un sentiero didattico che si sviluppa nella conca sottostante ai contrafforti del Latemar per raggiungere Oberholz.
Durante questo percorso Nicolò ci ha affascinati con il suo eloquio, illustrando le caratteristiche geomorfologiche del territorio, ponendo l’attenzione sulla diversità di composizione della dolomia (dal nome dello scienziato Deodat de Dolomieau) di colore giallognolo e friabile, dalle rocce di tipo vulcanico che sono nerastre. Inoltre, visto che il percorso si sviluppa su pendii verdeggianti, ci ha fatto osservare la presenza di fioriture di genziana punctata con le cui radici si produce un ottimo liquore amaro/digestivo, nigritella nigra dal caratteristico profumo di cioccolato, nigritella rubra, stelle alpine, orchidee purpurea e italica, anemoni pulsatilla, rododendri, arbusti di ginepro, alberi di abete rosso.
Invitandoci ad osservare i cartelli segna via, Nicolò ci ha spiegato le loro caratteristiche: se sono bianchi e rossi indicano il percorso che è anche contraddistinto dal proprio numero; se è di colore azzurro indica la posizione catastale della proprietà del territorio in tre modi distinti: se presenta una unica linea il territorio appartiene a un unico comune, se le linee sono due e affiancate il territorio appartiene a due comuni, se sulla linea è evidenziato un punto indica che il territorio è di un privato.
Il giro è stato caratterizzato anche dalla presenza di ometti segnavia di sassi sovrapposti e da postazioni didattiche tra le quali c’è un originale strumento musicale costituito da campanacci delle vacche, ciascuno contraddistinto da un colore e da una determinata nota, di fronte a questa postazione è posizionato una specie di spartito, seguendo il quale, chi vuole, può cimentarsi a suonare una melodia.
Alla domanda su chi si occupa della manutenzione in esercizio di sentieri così ordinati, Nicolò ci ha detto che di questo si occupano: il CAI, le guardie forestali e gli guide escursionistiche che, oltre a segnalare le situazioni critiche intervengono con opere di sistemazione.
Il giro ci ha fatto compiere, tra saliscendi sotto il sole e con una temperatura ideale che invitava a camminare, un anello di circa tredici chilometri, per cui la fetta di torta con lamponi e panna e il cocktail Hugo è stato meritato, alla fine del percorso siamo arrivati contenti ed appagati.
Domenica 26 da Vigo siamo saliti in funivia a Ciampedie ad una quota di 2000 mt.
Anche qui il paesaggio che ci ha accolti è da mozzafiato: prati in declivio circondati da una corona frastagliata di dolomiti su cui domina il gruppo del Catinaccio (Rotengarden). Anche qui il gruppo si è diviso in due tronconi: uno di 49 camminatori, sotto la guida di Tiziano, diretti al rifugio Principe a quota 2601 mt. e un secondo di 11, accompagnati ancora da Nicolò, con mete Rifugio Gardeccia a quota 1950 mt. e Rifugio Vajolet a quota 2240 mt.
Il percorso per la prima parte si sviluppa in un bosco di pini cirmolo ovvero cembro, pini mugo, larici e abeti rossi, e, con un sottobosco di rododendri tra cui si sono notate delle splendide clematidi alpine, achillea moscata profumatissima, cumino, botton d’oro, geranio selvatico, valeriana, rosa canina, issopo e ranuncoli ecc. Nicolò ha illustrato come riconoscere le varie conifere osservandone gli aghi: nel cirmolo o pino cembro gli aghi sono corti e rigidi raggruppati a mazzetti di cinque, nel pino mugo sono più lunghi morbidi e accoppiati, nel larice sono a mazzetti teneri verde pallido e nell’abete rosso sono singoli corti e disposti a raggiera lungo i rami. Per quanto riguarda il cirmolo, Nicolò ha fatto osservare che si tratta di un albero ad alto fusto caratterizzato da un legno che si presta alla lavorazione per ottenere mobili e oggettistica, mentre con i trucioli vengono realizzati cuscini rilassanti e dalle pigne, così come avviene con il mugo, si ottiene olio essenziale per uso erboristico.
In questo bosco abbiamo anche osservato sui tronchi delle conifere dei quadrati blu contenenti un numero e Nicolò ci ha spiegato che si tratta di catastali (il numero è quello della particella catastale riguardante il territorio in cui l’albero si trova) che hanno anche la funzione di aiutare chi si perde a dare indicazioni ai soccorritori per il ritrovamento.
Altra notizia importante che ci è stata fornita dalla nostra guida riguarda i colori della bandiera della val di Fassa; come tutte le bandiere ladine, la bandiera di Fassa è un tricolore orizzontale con in alto l’azzurro, che simboleggia il cielo, al centro il bianco che simboleggia la neve e in basso il verde che simboleggia i prati.
Altra annotazione riguarda la presenza, nel comprensorio, di diverse piste da sci di diverse difficoltà, dalla blu, alla rossa e alla nera, noi abbiamo incrociato la pista nera “Tomba” dedicata al grande atleta che veniva in val di Fassa ad allenarsi.
Giunti al rifugio Gardeccia, alcuni di noi hanno deciso di raggiungere il rifugio Vajolet, seconda tappa del giro completo.
Tale rifugio si raggiunge con un ampio sentiero che supera un dislivello di circa trecento metri e che si sviluppa sotto le pendici del Catinaccio, dimora del leggendario re Laurino. Giunti alla meta colpiscono per imponenza e bellezza selvaggia le torri di Vajolet; tutto intorno si snodano sentieri di svariate difficoltà sui quali si vedevano code di escursionisti intenti a “scalare” per raggiungere le varie mete.
Un bel giro che si è sviluppato per circa sedici chilometri facendoci riempire gli occhi di meraviglia e facendo sentire il piacere dell’immergersi nella natura.
A fine escursione, stanchi sì ma appagati dall’esperienza, abbiamo goduto di un rientro tranquillo, grazie anche alla perizia del nostro autista Flavio, nel quale abbiamo riguardato e scambiato le immagini degli scatti con cui abbiamo immortalato persone e luoghi.
Sono stati tre giorni intensi ed emozionanti nei quali abbiamo avuto modo di rinsaldare amicizie e fare nuove conoscenze, alternando il cammino con piacevoli chiacchierate, che forse ci hanno un po’ rallentati, ma che hanno completato la piacevolezza del percorso. Ci siamo lasciati alle spalle il Trentino Alto Adige con la promessa di ritornarci ancora per godere delle bellezze naturali e dell’ospitalità delle genti.
Grazie CAI e un grazie sentito e particolare a Tiziano Cavestri che preghiamo di continuare a proporci esperienze così piacevoli.
Piero Fortis
Tre giorni in Val di Fassa 2022